Chiara, 19 anni era una ragazza transgender. Il 24 ottobre a Napoli si è tolta la vita, nella sua stanza, mentre la mamma non era in casa.
Chiara aveva chiamato Gay Help Line 800.713.713, numero verde contro l’omobitransfobia, per la prima volta a 17 anni, compiuti da poco, ai nostri operatori ha raccontato la violenza, il bullismo e l’emarginazione che subiva da tempo per aver deciso di esprimere la sua identità femminile.
” A volte mi chiedo cosa c’è di male? Io mi sento una donna, ci aveva detto, vorrei truccarmi, vestire al femminile, non da maschio. Vorrei avere più spazio e essere tranquilla…non avere paura. Spero che mi potete aiutare, davvero non so più che fare e mi sento in un labirinto senza uscita. I problemi a casa, la scuola che aveva dovuto lasciare per proteggersi dai bulli, il rifiuto violento di chi in strada continuava ad additarla l’avevano portata a chiedere di allontanarsi dal suo quartiere, di poter essere accolta in un contesto che sapesse riconoscere la sua vulnerabilità. Dopo la denuncia, che Gay Help Line l’ha aiutata apresentare tramite l’OSCAD (l’osservatorio interforze del Ministero degli Interni, contro gli atti discriminatori), Chiara aveva trovato accoglienza in una comunità ed il supporto delle associazioni LGBT+. Eppure la strada per chi denuncia è in salita, in particolare per i ragazzi minorenni: l’assenza di protocolli di protezione e allontanamento immediato dagli autori delle violenze, il lungo ed estenuante percorso della giustizia che spinge le giovani vittime a giustificarsi, la mancanza di comunità per minori che accolgono ragazze e ragazzi trans sulla base della loro identità del genere e non del sesso, il rischio di essere vittimizzati da operatori impreparati ad accogliere le identità senza pregiudizi. Tutto questo Chiara aveva dovuto e saputo affrontarlo. Ci era passata attraverso. Ma non c’è l’ha fatta. Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia dei diritti fondamentali l’incidenza di autolesionismo e suicidio tra ragazzi lgbt+ è doppia rispetto a quella tra i coetanei. I dati Gay Help Line ci dicono che a subire il peso della violenza sono soprattutto i più giovani 42%, vittime di maltrattamenti in famiglia, bullismo e discriminazione anche nei contesti educativi. Per questo è fondamentale e urgente trovare soluzioni strutturali per fermare la violenza, formando personale educativo e socio-sanitario consapevole e pronto a sostenere lo sviluppo fisico, psicologico e sociale dei ragazzi lgbt+, come loro diritto.”
Chiara aveva chiamato Gay Help Line 800.713.713, numero verde contro l’omobitransfobia, per la prima volta a 17 anni, compiuti da poco, ai nostri operatori ha raccontato la violenza, il bullismo e l’emarginazione che subiva da tempo per aver deciso di esprimere la sua identità femminile.
” A volte mi chiedo cosa c’è di male? Io mi sento una donna, ci aveva detto, vorrei truccarmi, vestire al femminile, non da maschio. Vorrei avere più spazio e essere tranquilla…non avere paura. Spero che mi potete aiutare, davvero non so più che fare e mi sento in un labirinto senza uscita. I problemi a casa, la scuola che aveva dovuto lasciare per proteggersi dai bulli, il rifiuto violento di chi in strada continuava ad additarla l’avevano portata a chiedere di allontanarsi dal suo quartiere, di poter essere accolta in un contesto che sapesse riconoscere la sua vulnerabilità. Dopo la denuncia, che Gay Help Line l’ha aiutata apresentare tramite l’OSCAD (l’osservatorio interforze del Ministero degli Interni, contro gli atti discriminatori), Chiara aveva trovato accoglienza in una comunità ed il supporto delle associazioni LGBT+. Eppure la strada per chi denuncia è in salita, in particolare per i ragazzi minorenni: l’assenza di protocolli di protezione e allontanamento immediato dagli autori delle violenze, il lungo ed estenuante percorso della giustizia che spinge le giovani vittime a giustificarsi, la mancanza di comunità per minori che accolgono ragazze e ragazzi trans sulla base della loro identità del genere e non del sesso, il rischio di essere vittimizzati da operatori impreparati ad accogliere le identità senza pregiudizi. Tutto questo Chiara aveva dovuto e saputo affrontarlo. Ci era passata attraverso. Ma non c’è l’ha fatta. Secondo l’ultimo rapporto dell’agenzia dei diritti fondamentali l’incidenza di autolesionismo e suicidio tra ragazzi lgbt+ è doppia rispetto a quella tra i coetanei. I dati Gay Help Line ci dicono che a subire il peso della violenza sono soprattutto i più giovani 42%, vittime di maltrattamenti in famiglia, bullismo e discriminazione anche nei contesti educativi. Per questo è fondamentale e urgente trovare soluzioni strutturali per fermare la violenza, formando personale educativo e socio-sanitario consapevole e pronto a sostenere lo sviluppo fisico, psicologico e sociale dei ragazzi lgbt+, come loro diritto.”
Dichiara Alessandra Rossi Responsabile Gay Help Line di Gay Center
” Ho seguito Chiara quasi dall’inizio fino a pochi mesi fa, ed unisco il cordoglio a quello dell’associazione, e dei suoi cari, e proprio nella sua memoria lavoreremo per accogliere sempre più ragazze e ragazzi come lei che vengono emarginati dalla società e/o dalle famiglie, sino a che potremo augurandoci che le istituzioni non ci abbandonino, ma anzi ci sostengano con più forza.” Dichiara Sonia Minnozzi, Responsabile Casa Famiglia REFUGE LGBT di Gay Center